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IL SEQUESTRO CORNEALE NEL GATTO


 
 

Il sequestro corneale (nigrum, mummificazione corneale, black spot, cheratite cronica ulcerativa)  è un’affezione oftalmica che si verifica nel gatto e nel cavallo.
Clinicamente è di facile riconoscimento, in quanto appare come una lesione brunastra localizzata sulla cornea in sede centrale o paracentrale, di forma più o meno circolare o ellissoidale, circondata da un alone giallo-ambrato con neovascolarizzazione periferica e presenza di edema corneale. Nella maggior parte dei casi la necrosi interessa un terzo o la metà dello stroma.
Spesso la localizzazione della lesione è monolaterale (90,7%), raramente bilaterale (9,3%), ma è possibile che la lesione sia inizialmente monolaterale per poi interessare anche l’occhio contro laterale.
I gatti affetti solitamente presentano fotofobia (fastidio alla luce) ed epifora (lacrimazione) , blefarospasmo (spasmo palpebrale, a causa del dolore) e iperemia congiuntivale (occhio rosso).

L’insorgenza del sequestro corneale è spesso idiopatica (origine non chiarita) e alcune razze come il Persiano, il Siamese, il Burmese e l’Himalaiano sembrano essere predisposte, senza predisposizione di sesso e generalmente sono gatti adulti tra i 2 e i 7 anni.

La diagnosi è clinica e prevede una visita oculistica per la valutazione del segmento anteriore e posteriore dell’occhio (anche se in caso di sequestro corneale le strutture intraoculari non sono mai interessate) completa di test collaterali come il test della Fluoresceina, test Rosa Bengala, test Schirmer.
Istologicamente appare come una necrosi asettica del collagene stromale, circondata da una reazione infiammatoria tipo corpo estraneo, ecco perché in seguito ad un meccanismo di reazione da corpo estraneo nei confronti del sequestro, dopo un periodo di tempo variabile da alcune settimane a mesi, il tessuto necrotico può essere espulso.
È possibile, pertanto, attuare un trattamento conservativo che prevede l’utilizzo di lacrime artificiali, somministrate con una frequenza variabile da 2 a 6 volte al giorno per 6-10 settimane o per periodi anche più lunghi.
In caso di infiammazione moderata o grave, è necessario associare una terapia antibiotica-antinfiammatoria locale.

Nei casi in cui la terapia conservativa o medica non abbia sortito effetto, o in presenza di lesioni profonde, che si estendano oltre la metà dello stroma, è opportuno ricorrere all’esecuzione di un intervento chirurgico di cheratectomia focale, trattamento che consiste nell’incidere l’epitelio corneale e parte dello stroma sottostante  asportando da 1/3 a 2/3 dello spessore corneale.

Al fine di favorire la riparazione del difetto corneale residuo a seguito della cheratectomia e per prevenire le recidive, è possibile far ricorso a diverse tecniche di trapianto congiuntivale.
Il trapianto, come opzione chirurgica, non è scevro da complicanze postoperatorie e aumenta l’opacità corneale residua.

Il trapianto congiuntivale pedulcolato e il flap corneo – congiuntivale peduncolato, infatti, sono auto trapianti, per cui il tessuto donatore è prontamente disponibile ma hanno come svantaggio la scarsa trasparenza del sito di trapianto.
Complessivamente, la frequenza di recidiva del sequestro corneale trattato con terapia medica o chirurgica è pari al 20%. Alcuni Autori, tuttavia preferiscono approcci meno invasivi quali l’utilizzo di colle tissutali o l’uso di lenti a contatto.

In base alla nostra esperienza, l’utilizzo di una copertura con la terza palpebra dopo la cheratectomia superficiale  risulta essere un’opzione terapeutica soddisfacente; follow up da 1 a 6 anni non evidenziano recidive e la trasparenza corneale risulta conservata.

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